Rassegna di Critica
- Renzo VESPIGNANI
- Luigi TALLARICO
- Berardo TADDEI
- Vittorio SCORZA
- Tommaso PALOSCIA
- Ugo MORETTI
- Dario MICACCHI
- Elio MERCURI
- Ruggiero JANNUZZELLI
- Virgilio GUZZI
- Guido GIUFFRE’
- Simone GATTO
- Italo EVANGELISTI
- Gualtiero DA VIA’
- Renato CIVELLO
- Carlo CASTELLANETA
- Massimo CACCIARI
- Nazareno FABBRETTI
- Renzo BIASION
Dal catalogo per la mostra al “Fante di Spade”, Milano, 1980:
“Caro Guido, a parlare dei tuoi quadri mi sembra di spiare dal buco della serratura, in una stanza d’albergo: ombre appaiono, una dopo l’altra, sotto lo spiovere della luce al neon, fiamma concreta e insieme magica come il fuoco votivo di Ulisse. Chi sono questi uomini, queste donne, che affiorano da oscuri recessi nella chiarità della memoria?”. “… La immagine visibile, quando è costruita da un pittore della tua lucidità, è sigla che semplifica e affina la verità: si può sentire, non definire. Come in Borgés, fisicità e verosimiglianza tracciano la pista sinuosa che conduce alla soglia invalicabile del “non rivelato”. “… E ancora, queste tue creature non ci guardano. Voltano le spalle o tengono gli occhi abbassati. “… Quale astrale distanza ci divide dal loro quietissimo purgatorio? Poi la bellezza dei loro corpi abituati al cabaret nero della pittura corrente, alle vessatorie sfilate di trippe debordanti, di seni vizzi, di antropometrie lombrosiane, di mutanti rosolati sulle griglie della contestazione, la tornita e cerea grazia delle forme è “insostenibile”. E terrorizzante, come a incontrare la Melanconia di Durer sulle gradinate dello stadio durante il derby stracittadino”.
“Realtà e Invenzione tra Metafisica e Iperrealismo”, Roma 1974:
“…il pittore, per quanto giovanissimo, appare lucidamente orientato sui temi dibattuti e riguardanti la precarietà del reale così come si riflette nella coscienza inquieta dell’uomo contemporaneo…. L’evidenza del fatto oggettivamente rappresentato viene impaginato dall’artista con una autorevolezza di significati che traggono motivazioni e la impostazione morfologica dalla raffinatissima visione di un grafico consumato. E’ ,infatti , del grafico consumato quella scansione geometrica del quadro che prelude ad una inventività di alto livello, mentre una luminosa liricità accende di peculiari attributi pittorici la musicalità dei nudi di donna e di bambino, dei volti isolati e pervasi da tremori inquietanti. …nel rapporto tra realtà apparente e pura immaginazione, il sopravvento è affidato a quella forza inventiva che trasforma e sommuove la realtà oggettiva già vista in “mondi altri” mai visti”.
“Panorama”, anno 1973 n. 2, “Il Simbolismo di Guido Razzi”:
” … nei quadri di Guido Razzi si trova una originalità figurativa chiaramente delineata che sottende un discorso rigoroso, espresso senza ipocrisia in modo sicuro e sincero, dando vita a una visione organica viva e affascinante. Bisogna dire che i suoi quadri non si prestano a critiche superficiali, perché sono tanto evidenti la cura e il severo impegno che Razzi vi ha profuso, per non parlare della profonda ricerca tematica per giungere a risultati tanto validi per la speciale caratteristica che ha saputo trasferire dal pensiero alla tela. Alla pittura di Guido Razzi ci si accosta con rispetto e quasi con riconoscenza perché egli concretizza, nel simbolismo di cui è padrone perfetto, una magia in chiave moderna per gli effetti che riesce a raggiungere”.
“La Giustizia” anno 1975: “La suggestione di Guido Razzi”:
“… il suo nome ricorre e primeggia in qualificati ambienti della pittura italiana… Né potrebbe essere altrimenti ove si considerino la salda preparazione tecnica e la sicura visione artistica che sono il fondamento su cui si svolge l’intero percorso di una linea estetica volta a conseguire, nell’ordine della maggiore intensità di resa, quanto meglio si presti a realizzare, attraverso l’euritmico estrinsecarsi del compiuto processo formale, il significante intervento della promozione ideativa”. ” … le veristiche presenze paiono trasfigurarsi nel gioco mutevole delle seduzioni cromatiche e nelle traslate prospettive fra cui s’impaginano, su metrico ritmo di spazi interposti e di geometrici piani diversamente compiti, le magiche risultanti del fantasioso discorso del Nostro. Fantasia, dunque, la quale si traduce sempre in spiccate qualità interpretative e in approfondimenti di ordine accettivo che da un particolare fatto sentimentale vanno alla introspezione psicologica e dello spirito, dalla raffigurazione simbolista alla condizione dell’uomo intesa nei suoi aspetti e nelle sue implicazioni”.
“La Nazione”, 1978:
“… Razzi, pur ripercorrendo filoni famosi della nostra storia rinascimentale si riporta all’uomo caricandolo di tutte le problematiche dell’oggi e cerca di indagare nel suo intimo attraverso i rapporti e gli atteggiamenti; rapporti anche con le cose di cui si circonda. I disegni confermano la mano felice dell’artista ma soprattutto la premessa logica di questa pittura in cui l’antico si fonde col moderno a indicare la giusta ricezione dell’esperienza storica in un modello di sviluppo come la società moderna esige”.
Dal catalogo per la mostra al “Trittico”, Roma, 1971:
“L’intensa voluttà del dipingere trova in Guido Razzi una sensibilità acuminata da medium che ricerca a colpo sicuro i toni, la pasta, le sfumature dei colori. … Va sempre più a scavare nelle profondità spirituali di un soggetto e ne fa diverse versioni – assolutamente non le copie – cercando l’esecuzione più alta come un implacabile direttore d’orchestra cambia gli accenti e le sonorità dello stesso spartito. Non a caso faccio questo paragone perché Razzi dipinge in uno studio da eremita con la continua assistenza della musica”.
Dal catalogo per la mostra a “La Gradiva”, Roma, 1982:
… Dopo il punto abissale e orrido toccato con le performance di certi animatori delle neoavanguardie, spettacolari esibitori di corpi violentati e di sangue e di budella fumanti cibo ingerito e feci; ora si torna a dipingere il corpo, il gesto, lo sguardo di un uomo mangiato dall’angoscia e dal panico cui sono state strappate con violenza tante speranze e spesso lo stesso senso positivo delle piccole e grandi scoperte dell’esistenza quotidiana. E’ tornata, alluvionale, la pittura di figure ma quanto ingannatrice e consolatoria! Dice Guido Razzi con le sue figure che la realtà è enigmatica: sia il benvenuto tra quanti vogliono la verità sul nostro presente.
Dal catalogo per la mostra a “La Stadera”, Sulmona (AQ), 1974:
“Raccolto intorno ad un nucleo di temi e di sentimenti Guido Razzi trasforma la sua pittura in un’interrotta ricerca di verifica e di verità: avverte cioè questo estremo rischio dei nostri giorni di smarrire ogni senso si che restiamo deserti in una invalicabile solitudine. E in questo percorso Razzi si è progressivamente liberato da eco remote e prossime corrispondenze, ha decantato la sua pittura da quanto poteva apparire abilità formale, raffinatezza, sensibilità crepuscolare di illusoria bellezza, di derivazioni tra liberty e un’area tutta romana del dipingere, da una sensazione di vaga malinconia della forma, di rarefazione per dare alle sue immagini la essenzialità e necessità, l’evidenza plastica e il corpo, il sangue e la carne sia pure di un’eterna storia di intimità e di amore”. “… una luce all’inizio irreale, quasi di risveglio, indeterminata e poi sempre più luce naturale, degli oggetti e delle persone che amiamo; luce dell’anima che s’effonde e scioglie i detriti e i grumi, i crucci e la tristezza in questo sommesso, discreto, soavissimo apparire di speranze”. “… E’ questa luce tenue che diviene sostanza e s’incarna in figure sospese tra la realtà del giorno e il sogno a svelare l’emozione che nasconde il mistero della vita”.
Dal catalogo “Guido Razzi – dipinti e pastelli dal 1970 al 1990”, Castello di Montesegale (PV),Museo di Arte Contemporanea, 1990:
“… In circa vent’anni di buona amicizia e frequentazione ho visto nascere e compiersi quasi tutte le opere in mostra: nascere nelle emozioni e compiersi sulla tela con tanta meticolosa fatica. …Ho assistito al formarsi di immagini nell’esecuzione di ritratti, come quello di Franco Alberoni, di Nazareno Fabbretti, di mia moglie e miei. Mi sono immerso nei suoi paesaggi, nei suoi fiori e spesso ho volato con la fantasia sulle ali delle sue farfalle tanto da potere affermare che la pittura di Guido Razzi ha liberato in me sensazioni ed emozioni di rara umana bellezza perché nelle sue opere, senza falsi pudori né vergogna, è rappresentata la sua vita di uomo appassionato e onesto”.
“Civiltà delle Macchine”, anno 1975:
Sempre nel suo lavoro può notarsi la qualità dei supporti, insomma un interesse a quanto costruisce il lato originale dell’operazione artistica. La qualità delle carte, le matite ed inchiostri, delle tele ed imprimiture, e fin dei colori, dei diluenti ed essiccativi, evidentemente lo affascina… …Razzi, della schiera, appunto, e non poi esigua, dei pittori impegnatisi in questi anni a dimostrare che la pittura in quanto esperienza tecnica ed arte di rappresentazione non ha ragione di ritenersi estranea alla viva polemica che lacera ed amplifica fino all’assurdo l’idea stessa dell’arte, non di rado spingendola ai fossi del pregiudizio e alla palude del conformismo.
“Civiltà delle Macchine”, 1979, n° 1-2-3, anno XXVII : “Realtà e mito in Guido Razzi”:
“… un pittore come Razzi non disconosce la lezione cezanniana ma è in lui soltanto un’eco remota, utile qua e là, ma non costitutiva, mentre costitutiva è l’ascendenza preraffaellita, simbolista secessionista: tutta la pittura che variamente in Europa ed anche in Italia ha avvertito il mistero che è nel mondo, il senso oscuro delle cose, ha colto lo stupore degli accadimenti più elementare, il risvolto persino mistico di ciò che all’ esperienza e allo sguardo dei più appare semplice e scontato. E ciò ha fatto tralasciando ogni problema di linguaggio che non fosse la corretta impostazione formale, anche appunto nel modo più tradizionale, del proprio problema interiore. Problema di linguaggio, problema interiore. In Razzi il contenuto, per aderire all’ uomo come tale, non aderisce meno a noi che viviamo un’epoca storicamente determinata; e la forma non è poi tanto classicista quanto potrebbe parere. Di Razzi va segnalato un altro tratto… ed è il tratto di una fedeltà artigianale ai materiali della pittura, e al dipingere, negli strumenti e persino nei gesti che, al di là di ogni mitizzazione rituale, si concentra in una maggiore aderenza all’ opera, in un amore per il fare come atto globale e riassuntivo di vita … prevale in Razzi una facilità d’occhio e di mano che costringe la piacevolezza del risultato all’ approfondimento problematico. Tale approfondimento l’artista conduce nel disegno, quando la grafite si fa strumento immediato e duttile, a creare inquiete zone d’ombra”.
Catalogo per la mostra alla”Grafica della Barcaccia”, anno 1972:
“L’opera grafica di Guido razzi, che riscatta tanti inganni della tecnica propinatici in questi ultimi anni, si pone perciò e anzitutto come un elemento non ignorabile della nostra coscienza inquieta di spettatori( distratti o no, faziosi o meno) del momento culturale che stiamo attraversando”.
Da catalogo per la mostra alla “Galleria Ghelfi”, Verona, anno 1973.
“La più convincente conferma ci viene, immediata e netta, dalla tavolozza dominante di queste opere. Esemplare, per tutte, quella dove campeggia il nudo guizzante di giovanetta alla cui base affiora dall’ombra la testa scarnita di vecchio che ne costituisce il termine antitetico. Ebbene l’intonazione liliale, di estenuata immaterialità, che promana dagli accordi sugli azzurri più lievi e sui grigi più teneri, è solo la fascinosa superficie che riveste una sostanza pittorica tra le più giustificatamene ambigue; la più connaturale ai turbamenti, alle ossessive visioni che sono alla base di un linguaggio pittorico come quello adottato da Guido Razzi nella linea di una rinnovata concezione simbolista della figurazione”.
Italo EVANGELISTI
Da appunti scritti in occasione di una visita allo studio del pittore, anno 2003:
La sua classicità trova nella modernità del suo pastello la piena affermazione dell’autentico valore espressivo del post-moderno.
“L’Osservatore Romano”, anno 1975:
Guido Razzi contribuisce in un modo particolare alla reviviscenza in arte della figurazione che oggi avviene per tante vie diverse. La sua è molto raffinata e le danno anima sentimenti durevoli connessi a situazioni e ricordi che trovano un fertile terreno di coltura espressiva nella conoscenza e nell’elegante impiego dell’anatomia umana nonché nella capacità di fissare certi caratteri con amore e non con sfida, con dispettosa minuzia, o, peggio, con rabbia. Queste doti lo personalizzano, onde rimane lontano dalle facili scorciatoie fotografiche. … L’accostamento di figure derivanti da varie origini spazio-temporali è per il suo uso allusivo e spesso suggestionante delle sovrapposizioni e delle trasparenze e l’accostamento di forme diverse inquadrate in una medesima immagine. I piani diafani annullano spessori e smateriano ombre rendendole evanescenti. D’altra parte in essi s’illuminano colori e s’accendono riflessi perché il nostro artista di frequente imposta una dialettica fra cromia e monocromo che dà evidenza alla forma disegnata isolandola in tutta la sua purezza.
Renato CIVELLO
Dal saggio per la mostra a “La Vetrata”, Roma, 1989:
“… Il pensiero ricorre immediatamente a una sorta di ‘luce liquida’: una luminosità senza crepuscolo e senza fanfara, come un bagno cristallizzato in cui le cose s’immergono per restare sovrane e immutabili. … Un colore che si adatta docilmente a sottolineare piani e volumi, prospettive e forme, di conserva con il segno, non importa se dichiarato o sottinteso. … Nel mondo di Razzi le scelte di gamma hanno un peso sicuro ma non si perdono nell’autonomia asettica del timbro puro, concorrendo a una splendida medierà tra il richiamo realistico e il rapimento inventivo. … la sua verità non è mai nella dissolvenza, nello sperpero delle mille connaturate ricchezze: c’è sempre un recupero di esistenza”.
Dal saggio per la mostra a “La Gradiva”, Roma, 1982:
“… La sua concezione figurale è contrapposta a quella di Pierre Bonnard: mentre questi ricava dalla inesattezza di identità … tutte le implicazioni del concreto, anche se di un concreto estraneo al cliché giornaliero, Guido Razzi dalla precisione volumetrica risale alla suggestione di un ben diverso orizzonte, più sostanzialmente metafisico. Questo è il dono in fondo che hanno solo gli artisti di classe, di dimenticare spazi e tempi individuabili, alla ricerca di una superiore legittimità; il dono di escludere il peso delle cose”.
“Dietro l’apparenza del quotidiano”, Il Messaggero, 1992:
In questi tempi di assoluta libertà formale non succede spesso di imbattersi in artisti, dotati di grande talento personale, che sappiano servirsene con rigore. Quanti sono oggi in grado di disegnare una mano? A questa esigua schiera appartiene il romano Guido Razzi da oltre un ventennio sulla scena della pittura italiana con un suo ben riconoscibile timbro. La prima caratteristica che colpisce nelle sue opere è la forza del disegno, la qualità dell’armatura interna che regge il dipinto. … C’è infatti in queste composizioni, dietro l’apparenza del quotidiano, un’ambizione neoclassica, una vocazione a porsi fuori del tempo e della storia, un’insofferenza ai modi del puro realismo che ricorda Casorati, specie nei nudi femminili sorpresi in una dimensione vagamente metafisica. … sono gli studi preparatori a testimoniare l’originalità della visione (oltre al talento di cui si è detto) poiché è nell’ essenzialità del disegno che Guido Razzi esprime il meglio di sé … . La nostra pittura figurativa ha bisogno di contributi di questa qualità, che cioè mirano alto ma non sono accademici, e nello stesso tempo osano proporre nuovi modelli di estetica in anni come quelli attuali, in cui il “ bello” non ha più domicilio. La forza di questo artista sta nel credere nella nobiltà della pittura di pennello, nella straordinaria fiducia che il reale sia ancora e sempre il grande motore delle emozioni.
“Pace e Guerra”, settembre 1980:
“La pittura di Razzi è fedele. L’essere fedele non è affatto semplice mestiere. Non si tratta semplicemente di ‘saper disegnare’. Essere fedele è rivisitare per comprendere, comprendere per trasformare. Appartenere, sì, a una tradizione, ma concepire questa tradizione come un problema irrisolvibile, come un’ininterrotta domanda di straordinaria complessità. L’essere fedele esclude, perciò, ogni ripetizione: è intelligenza, analisi e un sottile, appena percettibile profondissimo sforzo di dipingere il gioco della tradizione fino ai suoi limiti, fino a ciò che in questo gioco risulta indicibile.Chi guarda la tradizione in questo modo la immagina, la re immagina. Sappiamo con Benjamin che lo sguardo rivolto al passato appartiene a chi è davvero strappato verso il futuro. Le citazioni di Razzi: questo pare il suo ‘gioco’ più proprio – un colore, un timbro, una figura, un taglio-compositivo. La nostra opera è intelligenza, sguardo intelligente al passato, qualsiasi felice immediatezza è un ‘peccato’ per essa. Solo dalla meditatio può sorgere quella forza immaginativa di cui prima si diceva. Contro il mero gesto immaginario di molte correnti dell’avanguardia, Razzi ricerca le strade difficili ‘innaturali’, della meditazione. E ogni meditazione è commento. Ogni commento citazione. Il passato è problema, ci si scaglia contro, chiede nuove forme e nuovi spazi. Sta all’opera saperlo ascoltare e comprendere in questa sua speranza. Esso emerge a frammenti, a resti a volte. Nessun modello, nessuna composta, risolta figura, nessun ‘discorso’. Tanto più drammatico il lavoro, allora, di chi deve dar forma a quest’accenno, a queste voci, a queste parole – di chi deve rendercele comprensibili – di chi deve custodirle e salvarle. Ma è da questo devo, forse, così estraneo alla moda, così distaccato dal presente del semplice consumo, che nascono e rinascono le opere della durata”.
Dal catalogo “Guido Razzi – dipinti e pastelli dal 1970 al 1990”, Castello di Montesegale (PV), Museo di Arte Contemporanea, 1990:
“… E’ una pittura in realtà ‘ambigua’ e salutarmene imprevedibile. L’ “ombra e la grazia”, per usare un titolo caro a Simone Veil, sono in essa elementi distinti ed affini; e si congiungono nell’arte di Razzi, solo per impercettibili segni e particolari di disegno o di cromatismo. Razzi raggiunge sempre, e proprio nel pieno della fisicità figurativa e cromatica, un’ “ambiguità” che è sempre sinonimo di ricchezza di significati e di stimoli. Che generano, contro ogni apparenza formale, un’ammirante inquietudine. … Per disegno, tavolozza e respiro credo che Razzi non abbia molti pari nella nostra pittura contemporanea”. “… Una pittura così placata, in apparenza, solitaria, intima e riflessiva trova la sua più limpida forza nel seme sepolto nel più profondo di essa. E’ anche una persuasione a cercare un’autoanalisi di vita, per così dire, una verifica tra l’evidente e l’inesprimibile, tra la realtà e il sogno. Nell’artista, è ovvio, vince, o dovrebbe vincere, sempre il sogno E Razzi non è certo inceppato dall’umiltà (un vero artista per fortuna non eccede mai nell’umiltà senza “castrarsi”) a optare – in una forza di figura e ambiente reale e concreta – per l’impossibile, cioè il sogno, non come fuga ma come sfida alla realtà”.
Dal catalogo “Guido Razzi – realtà e irrealtà”, Galleria Aglaia, Borgo S. Spirito, Firenze, 1978:
“… Il tutto filtrato e reso personale da una modernità di visione che parte, ci pare, da un continuo ascolto di se stesso, fin nelle pieghe di una intimistica delicatezza, subito riscattata, modificata e resa più complessa dall’immaginazione, sogni, fantasie, ricordi che hanno lasciato il segno”. “… Forse, a colpirci, nella pittura di Guido Razzi, è proprio quel senso diffuso, sottile, un poco inquietante, di mistero, che viene dalle composizioni insolite, dagli accostamenti che sorprendono, dalla resa stessa delle forme, amorosamente seguite, accarezzate. E’ il segno dei tempi, il riflesso, attraverso la sensibilità di un artista, di una modernità inquieta, insofferente, tesa verso varie direzioni, nell’ansia del nuovo, forse di un ancora possibile riscatto”.